Villaggi di Natale, un mondo da sogno in miniatura

villaggio di natale

Com’è nata e si è diffusa la tradizione di costruire un villaggio invernale in miniatura come decorazione natalizia alternativa al presepe

Tempo di lettura: 5 minuti

Sono la perfetta riproduzione di un paese in miniatura, con negozi e abitazioni, chiesette e campanili, lampioni, ponti e stradine, e contano appassionati in tutto il mondo. Sono i villaggi di Natale, veri e propri presepi “profani” allestiti con modellini di edifici in stile nordico collocati in una ambientazione invernale. I più complessi sono attraversati da trenini elettrici e arricchiti da giostre, piste di pattinaggio, alberi di Natale, mulini, cascate e varie scene in movimento. Il loro successo ha trovato terreno fertile soprattutto negli Stati Uniti, dove dai primi del Novecento hanno iniziato a fare bella mostra di sé nelle vetrine dei negozi, incantando i passanti sia bambini che adulti con il loro magico mondo di fiaba.

Il presepe così come lo conosciamo in Italia ha delle caratteristiche ben precise. È una ricostruzione a grandi linee realistica della natività di Gesù, nella quale compaiono i personaggi e i luoghi ad essa legati: la grotta o la capanna, la mangiatoia, Maria e Giuseppe, il bue e l’asinello, gli angeli, i pastori, le pecore, i soldati, i re magi. Spostandosi verso il nord dell’Europa, la tradizione cristiana ha subito una trasformazione, adattandosi agli stili e ai costumi locali. Le scene e le figure hanno iniziato ad allontanarsi dalla rappresentazione evangelica, fino ad evolversi in qualcosa di completamente diverso come i villaggi di Natale. Questi nulla hanno a che vedere con la Palestina di due millenni fa, tanto da non prevedere neanche la presenza della scena centrale della natività.



Per risalire alle origini dei villaggi di Natale, dobbiamo tornare nel XVIII secolo, in alcune regioni dell’Europa centrale e orientale. Qui si diffuse l’abitudine di utilizzare come decorazioni natalizie piccoli edifici in miniatura fatti a mano. In Moravia, in particolare, le famiglie creavano intorno alla mangiatoia grandi ed elaborati villaggi, utilizzando materiali poveri trovati in casa o nella campagna circostante. Includevano case fatte di carta o cartone e specchi usati per emulare stagni ghiacciati. Erano dei microcosmi del mondo in cui essi stessi vivevano.

Negli Stati Uniti la tradizione dei villaggi di Natale in miniatura arrivò grazie agli immigrati europei. Nella seconda metà del XVIII secolo, la pratica di creare scene decorative intorno agli alberi di Natale era diffusa in Pennsylvania e nella Carolina del Nord, tra i membri tedeschi della chiesa della Moravia, uno dei più antichi gruppi religiosi protestanti, originario delle regioni della Boemia e della Moravia.

La successiva diffusione in tutto il Paese fu opera principalmente dei commerciati americani. F. W. Woolworth, il padre dei negozi del “tutto a 5 e 10 centesimi”, viaggiò molto in Europa alla fine dell’Ottocento e al suo ritorno introdusse nel mercato americano le casette di cartone chiamate “putz”, da una parola tedesca che significa “decorare”. Agli americani, già innamorati di giocattoli e ornamenti in vetro provenienti dalla Germania, non parve vero avere a disposizione delle nuove decorazioni natalizie di fattura tedesca e corsero a farne incetta.



Negli anni precedenti e durante la prima guerra mondiale gli oggetti prodotti in Germania divennero difficili da trovare. Per mantenere vivo il commercio natalizio, Woolworth commissionò ad aziende giapponesi la produzione in serie delle tanto amate casette putz. Presto le case di cartone di fabbricazione nipponica furono disponibili in ogni negozio da cinque centesimi e in ogni catalogo di vendita per corrispondenza del Paese. Avevano minuscole finestre di cellophane colorato e i tetti decorati con polvere di mica per dare l’idea della neve. Inoltre, venivano progettate con fori nella parte posteriore, per poter aggiungere una serie di luci e creare un bagliore delicato che sembrasse provenire dall’interno. Poiché erano fatte di materiale poco costoso ed erano ampiamente disponibili in tutti gli Stati Uniti, le casette divennero una decorazione natalizia molto popolare.

Dopo la seconda guerra mondiale, le vendite delle classiche case putz diminuirono, poiché gli americani non volevano sostenere prodotti di fabbricazione tedesca o giapponese. A ciò si aggiunse l’epocale cambiamento dei costumi determinato dall’arrivo della televisione, che ridusse lo spazio disponibile in soggiorno dove collocare il villaggio. Per queste ragioni durante gli anni ’50 e ’60 l’abitudine di allestire un villaggio di Natale andò in disuso. Un’inversione di tendenza ci fu negli anni ’70, con la comparsa delle case di ceramica e di porcellana. Queste erano più facili da conservare di anno in anno e potevano anche essere tramandate come cimeli alle generazioni successive.



Il merito del ritorno in voga dei villaggi natalizi è da attriburire a Bachman’s, un fiorista al dettaglio di Minneapolis. Nel 1976 lanciò Department 56, una linea di case, edifici e accessori in miniatura in ceramica con tema natalizio e a sfondo nostalgico, che ottennero subito un grande successo. Negli anni successivi l’azienda ha introdotto nuovi pezzi in occasione di ogni Natale, ritirandone altri che sono diventati con il tempo introvabili oggetti da collezione, tuttora molto ricercati. Oggi il prezzo degli edifici di Department 56 – tutti lavorati e dipinti a mano – va dai 45 ai 250 dollari. Costruire un intero villaggio diventa una spesa impegnativa. Tuttavia, il mercato dell’usato è molto fiorente e gli hobbisti più giovani iniziano con collezioni già ricche, ereditate da parenti anziani.

Esistono pezzi per villaggi di Natale realizzati anche da altre aziende, con prezzi più o meno abbordabili. La più importante è la Lemax, diventata leader del mercato negli ultimi tre decenni. In Europa, tra i marchi più affermati ci sono Luville e Dickensville. Nei negozi fisici e online si possono trovare villaggi di ogni tipo: da quelli che evocano le ambientazioni di Charles Dickens a quelli con un’atmosfera che richiama le illustrazioni di Norman Rockwell, dal villaggio di Babbo Natale fino alle casette ultra-eleganti completamente bianche.

La pratica di costruire villaggi in miniatura come decorazione per il periodo natalizio si è diffusa ovunque nel mondo. Costruire un villaggio richiede una discreta quantità di spazio e di tempo. La maggior parte degli appassionati crea elaborati progetti con più livelli e dettagli topografici, il tutto attraversato da decine e decine di cavi elettrici. Una parte importante di ciò che rende i villaggi di Natale così affascinanti è il bellissimo bagliore dorato che emettono, e quel bagliore proviene dalla singola lampadina e dal singolo cavo di alimentazione all’interno di ogni edificio e lampione. Capire come collegare in sicurezza le luci e nascondere tutti i cavi è un’impresa non da poco.



Anche in Italia ci sono molti appassionati “villaggisti”, con i loro ritrovi sul web dove scambiarsi opinioni e consigli, spunti e ispirazioni per le proprie creazioni. Studiano come erigere montagne e far scorrere acqua, passano mesi a costruire fondali (e molti altri mesi a smantellarli), testare circuiti e nascondere cavi. Sono uniti dalla passione comune e dalla soddisfazione che nasce dal costruire un piccolo mondo dove è sempre festa e non succede mai niente di brutto.

Il Natale è un periodo in cui la perfezione assoluta sembra a portata di mano: i propri cari tornano a casa, i regali portano gioia sia a chi li fa che a chi li riceve, la buona volontà trabocca da ogni finestra illuminata. La scena immaginaria del villaggio potrebbe sembrare quasi reale. Il potere del villaggista sta nel modellare il villaggio secondo i propri desideri, creando il Natale da sempre sognato.

Fonti consultate: BuzzFeedBetter Homes & Gardens, Wikipedia, Christmas Village World.

Foto: Matt Stratton da Flickr.

© Riproduzione riservata

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