Se dici Bauli, non puoi non pensare al pandoro e a una morbida fetta, dolce e dorata, da addentare alla fine di un pasto natalizio. L’azienda veronese rappresenta uno dei marchi più immediatamente riconducibili al Natale e un simbolo commerciale della festa. A creare questa immagine hanno contribuito in gran parte le sue campagne pubblicitarie, che da decenni conquistano il cuore dei consumatori. Spot televisivi di grande impatto emozionale, spesso con bambini come protagonisti, a dare un tocco di tenerezza e genuinità. Nella memoria collettiva sono entrati i motivi musicali abbinati a questi spot, come la famosa canzone “Ba-ba-ba Bauli”, al centro di tante diverse campagne promozionali, e l’altrettanto celebre brano “A Natale puoi”, utilizzato dal 2005 in poi.
L’azienda dolciaria, fondata nel 1922 a Verona dal pasticciere Ruggero Bauli e trasferita in seguito a Castel d’Azzano, è riuscita negli anni a ottenere il predominio nel settore dei prodotti da ricorrenza, con una quota di mercato superiore al 25% a Natale e Pasqua. Il segreto del successo di Bauli sta nell’aver saputo coniugare la sapienza delle ricette artigianali con la tecnologia più avanzata. All’alta qualità dei prodotti va poi ad aggiungersi la forte rilevanza emotiva che l’azienda ha saputo costruire nel tempo, associando il proprio marchio ai momenti di festa.
La storia del fondatore Ruggero Bauli è piena di peripezie e di momenti chiave. Tutto partì da un piccolo laboratorio artigianale e dalla ricetta originale del pandoro, che si rifaceva ad antiche tradizioni dolciarie, ma con caratteristiche di grande modernità, a partire dalla lievitazione naturale. Consapevole delle grandi possibilità di sviluppo per la sua attività, negli anni ’50 Ruggero intraprese la strada della produzione industriale, raggiungendo in breve tempo la copertura nazionale e l’affermazione del suo marchio.
Nato nel 1895 a Nogara, un paese della provincia di Verona dove la sua famiglia gestiva un piccolo forno, Ruggero Bauli era il nono di ben tredici figli. A causa della crisi economica, fu mandato molto presto a imparare il mestiere di pasticciere presso la famosa pasticceria “Olivo” in piazza Bra a Verona, dove apprese i segreti dell’arte dolciaria. Ma il suo percorso di apprendistato fu interrotto dall’arrivo della Grande Guerra e dalla chiamata alle armi.
Sopravvissuto alla disfatta di Caporetto e all’intero conflitto, con il premio di smobilitazione ricevuto e un prestito dei familiari, nel 1922 riuscì ad aprire il suo primo laboratorio di pasticceria a Verona. Ma in quegli anni in città spopolava un altro pasticciere, quel Domenico Melegatti considerato l’inventore del pandoro, per averne registrato il brevetto il 14 ottobre 1894. Forse per la presenza di un concorrente così importante o forse per i rincari dello zucchero e per il calo delle vendite di un dolce costoso come il pandoro (per l’utilizzo di uova e burro), nel 1927 Ruggero decise di tentare la fortuna in Argentina, in quel periodo terra promessa per molti italiani.
L’11 ottobre si imbarcò a Genova sullo storico transatlantico Principessa Mafalda. Forse fin troppo storico, tant’è che quello doveva essere il suo ultimo viaggio, fatalmente mai portato a termine. Il 25 ottobre, infatti, mentre navigava in prossimità della costa del Brasile, a causa del distacco di un’elica che andò a scagliarsi contro lo scafo, il piroscafo iniziò a imbarcare acqua fino ad affondare. Tra le centinaia di vittime del naufragio non ci fu Ruggero, rimasto in acqua due ore con addosso il giubbotto di salvataggio, prima di essere portato in salvo. Tuttavia i macchinari da pasticceria che si era portato dietro andarono perduti.
Senza i ferri del mestiere, trascorse gli otto mesi successivi lavorando come tassista nella città brasiliana di Rio de Janeiro. Una volta messi da parte i soldi necessari, si trasferì a Buenos Aires, come da piano iniziale, per ricominciare a fare il pasticciere. Trovò impiego presso la pasticceria “Paris” e in breve tempo fu messo a capo di una brigata di quaranta pasticcieri. Ma il richiamo della patria non tardò ad arrivare e nel 1936 Ruggero tornò nella sua Verona per sposare Rita Giacominelli e mettere su famiglia. Con i risparmi dell’Argentina acquistò una casa proprio dietro piazza Bra e nel 1937, al piano terra dell’abitazione, aprì il suo nuovo laboratorio di pasticceria.
L’anno seguente fu il turno di una bottega in centro città, che ben presto divenne luogo leggendario per tutti i veronesi. Da quel momento l’ascesa di Ruggero Bauli fu inarrestabile. Nel 1953 acquistò un terreno per avviare la produzione industriale della sua pasticceria e dopo un anno iniziò la costruzione del “palazzo Bauli”. Infine nel 1974 acquistò a Castel d’Azzano il terreno per edificare un nuovo stabilimento, nucleo originario dell’attuale complesso industriale, dove gli eredi di Ruggero portano ancora avanti la tradizione di famiglia. E dove la ricetta del pandoro del suo fondatore continua a essere utilizzata per il più classico dei prodotti dell’azienda: il Pandoro di Verona.
Fonti consultate: Bauli, Il Sole 24 Ore, VeronaSera, E-One Group.
Immagine: © Bauli S.p.A.
© Riproduzione riservata